Dicembre 2020: dopo l’esperienza del lockdown totale della scorsa primavera e della “zona arancione” appena trascorsa, in cui non era possibile spostarsi dal proprio comune, pensiamo possa essere interessante rileggere in modo critico quello che avevamo scritto nel 2005 come introduzione al volume “Andamento lento”, itinerari friulani da fare a cavallo, a piedi oppure in bicicletta.
Innanzitutto il titolo: “Andamento lento: un viaggio per il corpo, la mente e l’anima”, sinceramente un po’ roboante, ma che ci sentiamo di sottoscrivere ancora.
Poi il sottotitolo, una citazione di Proust, frase diventata nel frattempo abusatissima :“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Non la scriverei più, però è perfetta, in quanto proprio di questo si tratta, avere nuovi occhi, ed è un’esperienza che tutti avranno fatto durante il lockdown totale in marzo e aprile, quando eravamo costretti a fissare la nostra attenzione solo su quello che circondava la nostra casa, concentrandoci così sull’avanzare giorno per giorno della primavera. Per quanto ci riguarda, degli alberi malandati ricoperti di edera, appena al di là della recinzione della nostra casa, e risparmiati chissà come dalla furia dei trattori, erano il palcoscenico di una continua parata di pennuti: un pettirosso stanziale, le instancabili cince, codirossi e fringuelli, e anche un picchio verde abbastanza abitudinario e un picchio rosso più saltuario.
Se dovessi scegliere un sottotitolo adesso, mi orienterei verso un semisconosciuto (benché premio Nobel 2011) poeta svedese, Tomas Tranströmer, che in “La radura” scrive: “C’è in mezzo al bosco una radura inattesa/La può trovare solo chi si è perso”.
Itinerari raccontati: istruzioni per l’uso.
[testo originale] Questa non è una guida tradizionale di itinerari, anzi è dedicata proprio a chi non ama leggere le guide, nella speranza che un racconto sia meno arido di una descrizione tecnica e quindi invogli a uscire di casa e ad andare, mettersi in movimento con andamento lento. Gli itinerari che presentiamo vogliono essere solo suggerimenti, spunti, suggestioni, intendono invitare alla scoperta ma anche all’iniziativa personale, alla modifica, all’ampliamento. Non sono fatti per essere ripetuti pedissequamente e il lettore non ci troverà indicazioni troppo specifiche come tempi di percorrenza o dislivelli.
Sulla filosofia che sta alla base di questa affermazione siamo ancora convintissimi; inoltre gli itinerari, pensati per essere percorsi soprattutto a cavallo, ma anche in altro modo, non si prestavano a essere troppo “ingabbiati” per non diventare, appunto, troppo aridi. Quindici anni fa questo modo di raccontare era abbastanza insolito, oggi con il proliferare dei blog di itinerari in rete si trova di tutto!
[testo originale]Si tratta di itinerari dedicati alle zone collinari e pedemontane del Friuli, con qualche puntata sul Carso e nella Bassa pianura: sono le zone più trascurate, quelle per le quali è più difficile trovare carte e guide, problema che invece non si pone di solito per le zone di montagna.
A suo tempo l’editore Ribis decise giustamente di privilegiare queste zone per il libro, anche se avremmo avuto abbastanza materiale riguardante la montagna friulana a cavallo.
Le cose in questi quindici anni trascorsi sono certamente cambiate in meglio, grazie soprattutto alle carte digitali, di cui parlerò più sotto, e all’interesse crescente da parte di associazioni ambientaliste, Pro Loco, guide naturalistiche per la scoperta dell’ambiente. Era ora!
[testo originale]La novità principale di questo libro consiste nel proporre un gran numero di itinerari percorribili a cavallo, che sono stati tutti realmente percorsi in sella da noi nelle date indicate. La nostra regione si presta ottimamente, soprattutto nelle zone collinari e nelle valli del Natisone, alla pratica dell’escursionismo a cavallo, per la quale però non esiste nessuna guida, né cartografia specifica né punto di riferimento.
Qui invece non è cambiato nulla, ma proprio nulla! Anzi si è drasticamente ridotto il numero dei cavalli nonché quello dei cavalieri che praticano il turismo equestre (ma forse è meglio così).
[testo originale]Va da sé che ciclisti e escursionisti a piedi non devono sentirsi esclusi da questa scelta: chi deve badare solo ai suoi piedi o ai copertoni della sua bici ha infinitamente meno problemi, spostandosi sul territorio, di chi è responsabile dell’incolumità di un amico a quattro zampe e deve cercare un itinerario per muoversi in sicurezza e senza “barriere architettoniche”.
Forse è meglio così, dicevo, perché con il passare degli anni ci sono venuti seri dubbi riguardo al fatto che molti cavalieri siano in grado di preoccuparsi dell’incolumità del proprio cavallo.
La scoperta del territorio
[testo originale]Ci riteniamo fortunati di vivere in una regione come il Friuli che oltre alla ben nota varietà di paesaggi offre ancora, e speriamo per molto, una discreta rete di strade bianche e strade d’erba su cui avventurarsi alla scoperta del territorio.
Anche se in questi ultimi quindici anni l’asfaltatura delle strade non si è certo fermata, con una proliferazione particolare di rotonde, possiamo ritenerci ancora fortunati e possiamo anche essere abbastanza ottimisti per il futuro.
[testo originale]Girovagando come facciamo noi, si riscopre l’importanza e l’utilità dei campanili, uno diverso dall’altro a indicarci i vari paesi; si riscopre l’importanza delle fontane, per rinfrescarsi e per abbeverare i cavalli, il piacere di trovare un bar aperto in un piccolo paesino, un bell’albero ombroso sotto cui fare una sosta…
Le fontane ahimè sono sempre più rare (anche per i ciclisti), per non parlare dei bar nei paesini…se si va in bici è meglio prepararsi a casa direttamente due borracce piene!
[testo originale]Si può anche provare il piacere di perdersi nella campagna, di muoversi a caso, di lasciarsi sorprendere dalla curva imprevista di una stradina, ci si può lasciar tentare dalla curiosità di vedere dove andrà a finire un sentiero promettente. E’ questo il fascino dell’esplorazione del territorio, il piacere della scoperta di piccoli luoghi segreti, angoli di realtà sospesi tra passato e presente.
Le carte topografiche
[testo originale] A questo punto non possiamo esimerci dal fare l’elogio delle carte topografiche, inseparabili compagne del viandante. Le carte ci permettono un viaggio virtuale in una realtà rappresentata graficamente che spesso diventa anche un viaggio nel tempo. Il Friuli ha la fortuna di essere coperto, per l’interezza del suo territorio montano e una buona parte di quello collinare, dalle migliori carte topografiche d’Italia: le carte della casa editrice Tabacco di Udine, meravigliose carte in scala 1:25.000, il cui unico difetto è forse quello di essere grandi come lenzuola…
Con una di queste carte topografiche il piacere di vagabondare in libertà sul territorio è davvero impagabile, e vorremmo suggerire a tutti i lettori di provare quest’ebbrezza almeno una volta. Purtroppo Tabacco non è un filantropo ma un’azienda commerciale, e così i vagabondi delle zone di pianura dovranno accontentarsi ancora lunga pezza, temiamo, delle vecchie e stravecchie carte topografiche militari IGM in scala 1:50.000.
[testo originale]Peccato davvero, ma comunque non tutto il male viene per nuocere: una carta topografica troppo vecchia ha aspetti negativi ma risvolti interessanti e potrebbe fornire lo spunto per la creazione di una nuova disciplina che potremmo chiamare “paleo-cartografia”. Se la carta rappresenta la realtà di 50 anni fa, può essere interessante vedere che cosa è cambiato e come: i paesi di ingrandiscono, spuntano le zone industriali nella campagna, i fiumi cambiano corso, scompaiono le loro anse, le rive diventano scivoli di cemento…
Come già accennato all’inizio, qui molte cose sono cambiate in meglio, soprattutto grazie al digitale e al GPS. Tabacco nel frattempo ha pubblicato anche le carte della Pedemontana friulana, della zona del Collio goriziano e del Carso triestino; si possono comperare inoltre anche le carte digitali Tabacco, sono un po’ care, a dir il vero, ma naturalmente sono ottime. Per le zone non coperte da Tabacco si trovano online svariate carte digitali gratis.
Ovviamente tutto questo non sostituisce le vere carte topografiche, che sono le uniche a dare una visione d’insieme del territorio, indispensabile per la programmazione dell’itinerario.
Ma a nostro parere la vera novità sono gli smartphone con il GPS, che consentono di sapere in ogni momento il punto in cui ti trovi. E’ una innovazione utilissima, ma ciò non toglie che sia meglio usare la tecnologia con parsimonia e spegnere qualche volta il GPS per riscoprire il piacere di perdersi.
Voglio invece mettere in rilievo un ulteriore spunto: lo studio delle antiche guide come quelle del Marinelli, risalenti al 1913-15 (“Guida della Carnia” e “Guida delle Prealpi Giulie”, per esempio). Sono delle vere miniere di informazioni e consentono davvero di vedere il territorio con altri occhi, oltretutto sono anche di piacevole lettura nel loro stile desueto ma di sorprendente incisività.
L’esempio degli altri
[testo originale] In altri paesi europei, dove l’andamento lento è più diffuso, le strade bianche e i sentieri sono oggetto di cura assidua e il patrimonio artistico cosiddetto minore viene valorizzato e reso facilmente fruibile ai turisti di passaggio, con il risultato di un ottimo ritorno economico anche nelle realtà più marginali. Ne è un classico esempio in Austria la famosissima pista ciclabile del Danubio (Donauradweg), che attraversa un territorio privo di attrattive artistiche eclatanti (se si eccettua l’abbazia di Melk). Eppure gli antichi argini del grande fiume, utilizzati un tempo per rimorchiare le chiatte controcorrente grazie alla forza di cavalli e buoi, si sono trasformati in una delle più allegre piste ciclabili del mondo, dove ogni anno sciamano migliaia di ciclisti di ogni età grazie al semplice fatto di essere interdette all’uso della diabolica scatoletta a quattro ruote. E nonostante questo afflusso sono rimasti rigorosamente in terra battuta. La Germania poi vanta migliaia e migliaia di km di piste ciclabili che altro non sono che una fitte rete di strade bianche a uso agricolo, trasformate in una macchina acchiappa-turisti con una trovata semplicissima ma geniale. E’ bastato infatti collegarle una all’altra con una serie di cartellini per far diventare la strada che dalla fattoria X va alla fattoria Y un segmento della grande pedalata “Dalle Alpi al mare del Nord”. In Italia invece si scambia l’asfalto con il progresso tout court e così non ci sarà da meravigliarsi se strade che due anni fa erano bianche adesso sono asfaltate e con la loro bella riga di mezzeria, anche sulle piste ciclabili.
Anche qui per fortuna abbiamo fatto molti passi avanti! Il Friuli può ora vantare la straordinaria pista ciclabile sull’ex ferrovia Pontebbana (Ciclovia Alpe Adria/Alpe Adria Radweg), denominata anche FVG1, assieme a altri 9 itinerari ciclabili che sfruttano appunto la rete delle strade bianche (come in Germania). Peccato che dopo tutti questi anni di attesa non sia stata ancora completata e che manchi il pezzo da Moggio a Venzone.
Le chiesette campestri
[testo originale] Tipico esempio di tesori nascosti nella campagna e tutti da scoprire sono le numerose chiesette votive, che però non sono quasi mai visitabili all’interno. Anche i cartelli esplicativi che la Provincia di Udine ha messo in questi ultimi anni acanto a questi monumenti cosiddetti minori, sono un’iniziativa encomiabile sì, ma lasciano delusi per l’impossibilità di reperire un responsabile che possa aprire la chiesa: che cosa sarebbe costato aggiungere un nome di riferimento, un numero di telefono del custode?
Qui invece nessun passo avanti, anzi: spesso i cartelli della Provincia sono spariti o sono illeggibili, non solo le chiesette campestri ma anche quelle paesane e cittadine sono chiuse e il visitatore che ci si imbatte davvero non sa a chi rivolgersi. Per fortuna ci sono encomiabili Pro Loco come Nediške Doline che organizzano regolarmente visite guidate a questi tesori nascosti , nella fattispecie faccio riferimento agli itinerari delle 44 chiesette votive delle Valli del Natisone. Approfitto per una citazione da “La pioggia fa sul serio” di Guccini-Macchiavelli: “Siamo talmente abituati alle bellezze del nostro territorio, avendole sotto gli occhi fin dalla nascita, che non le apprezziamo come dovremmo. Chi se le trova davanti per la prima volta, come è accaduto a Bill [un architetto inglese], scopre la loro armonia” – pag.87.
Ancora qualcosa sui cavalli
[testo originale] Vedere il mondo incorniciato dalle orecchie di un cavallo, assaporare la natura con un andamento lento, riscoprire il valore del percorso, fare un viaggio per il corpo, la mente e l’anima sono sensazioni che una volta provate non si possono più cancellare. Ce lo confermano le parole degli amici che talvolta vengono con noi alla scoperta del Friuli in sella ai loro cavalli. Quelli che, ammaliati dalla bellezza del paesaggio, tornano in automobile dove pochi giorni prima erano passati a cavallo oppure a piedi, non riescono più a ritrovarne l’incanto. Salire da un fondovalle lentamente, su una strada forestale lunga e tortuosa, e trovarsi all’improvviso su un crinale, immersi letteralmente nel paesaggio, mentre lo sguardo spazia sulle montagne tutto intorno: c’è poco da fare, la scatoletta metallica, che tanto ci rassicura, ci priva anche del contatto immediato con l’ambiente, la sua velocità, anche se bassa, non consente la percezione esatta dello spazio, che viene compresso e deformato. Il viaggio vero deve essere senza diaframmi.