Ci aspettano adesso più di 500 km in Bulgaria, paese che conosciamo poco e di cui siamo davvero curiosi. Vi sarebbe la possibilità di pedalare anche sulla riva rumena del Danubio, che è completamente pianeggiante e dove l’andare sarebbe molto più veloce, ma la riva bulgara sembra più interessante, nonostante o proprio per i continui e ripidi saliscendi sulle colline.
Lasciata Vidin in una bella domenica mattina di sole, il primo tratto purtroppo non è dei più incoraggianti. Non c’è alcuna corsia preferenziale per le bici, la strada è stretta, è impossibile stare sul bordo perché è invaso da erbe e arbusti, e passano di continuo TIR che corrono come matti. Finalmente, dopo 50 km da incubo, a Dobri Dol fine del traffico motorizzato e inizio di quello dei carretti trainati da cavalli.
Le nostre tappe bulgare e rumene sono scandite dalle possibilità di alloggio: non ci sono più campeggi, ma nelle cittadine più grandi c’è sempre un albergo più che dignitoso a un prezzo assolutamente abbordabile, talvolta per noi quasi irrisorio. Per sfruttare le ore più fresche partiamo sempre verso le sei del mattino e pedaliamo fino a destinazione senza fare troppe soste. In questo modo procediamo abbastanza spediti senza patire troppo per il caldo.
E’ da quando abbiamo parlato con la famigliola tedesca sul traghetto serbo per Ram che non vediamo altri cicloviaggiatori di lunga percorrenza, anzi nemmeno di breve: le biciclette sono letteralmente sparite! Ma in Bulgaria incontriamo due donne francesi che fanno il nostro stesso tragitto, e sono dirette pure al Mar Nero.
Così le nostre traiettorie si incroceranno spesso, noi talora sorpassandole talora venendo sorpassati, e ci scambieremo informazioni via SMS soprattutto sulle possibilità di alloggio e sulla condizione delle strade.
Si susseguono giornate lunghe e faticose per il caldo e le molte ripide salite, quasi sempre lontano dal Danubio, circondati da immensi campi di mais e di girasoli. Anche le cittadine in cui facciamo tappa spesso sono insignificanti, solo nomi sulla mappa scelti perché offrono un alloggio: Lom, Oryahovo, Nikopol, Svishtov, Tutrakan.
Unica eccezione Ruse, città natale dello scrittore Elias Canetti, una “piccola Vienna” grazie ai tanti edifici neoclassici costruiti da architetti austriaci e tedeschi sotto l’Impero Austroungarico.
In realtà abbiamo sviluppato una certa allergia per le città e ci godiamo molto di più i piccoli gioielli delle campagne, come il monastero rupestre di Ivanovo, che andiamo a visitare con le bici leggere come piume (che meraviglia!) dopo esserci piazzati in un grazioso alberghetto.
Nella selvaggia valle del Rusenski Lom si ergono dal mare verde dei denti di roccia calcarea che nascondono al loro interno un labirinto di gallerie. Qui vivevano i monaci e c’erano ben 41 tra chiesette e cappelle. Tutte le pareti sono coperte di affreschi di stile medievale ben conservati, ora patrimonio mondiale dell’Unesco.
Purtroppo le province bulgare che si affacciano sul Danubio sono le più povere e più spopolate di un paese che è già il più povero dell’Unione Europea. I giovani se ne sono andati alla ricerca di un lavoro, e deve essere straziante per i pochi vecchi rimasti vedere come ovunque fabbriche e grandi fattorie collettive – che un tempo garantivano a tutti una vita dignitosa – vanno in rovina sotto i loro occhi.
L’ultimo giorno in Bulgaria ci offre un percorso stupendo ma veramente tosto su strade sterrate e accidentate e salite ripidissime. Siamo ansiosi di passare il confine e così a Silistra ignoriamo i numerosi uffici di cambio valute che si allineano sulla strada. Errore! A Ostrov il primo bancomat rumeno ci ingoia la tessera (naturalmente succede di sabato), per fortuna viene in nostro aiuto spontaneamente una signora del posto che ha fatto per anni la badante in Italia e parla perfettamente la nostra lingua.
Detto fatto ci ospita a casa sua – anche perché nella cittadina le poche pensioni sono piene per via di un matrimonio e un battesimo – e abbiamo modo di apprezzare ancora una volta l’ospitalità e la generosità dei rumeni verso i viaggiatori.
L’indomani riusciamo a cambiare dei contanti a Baneasa, facendo la fila allo sportello Western Union assieme a numerose donne rom che proprio oggi che è domenica riscuotono un qualche sussidio e poi si riversano come me nell’unico supermercato a fare la spesa. Tutto il paese è pervaso da una grande animazione e un intenso traffico di carretti tirati da cavalli. Come sempre si susseguono salite e discese ripidissime: quelle che da lontano sembrano dolci colline sono una successione di rilievi come onde su cui la strada si inerpica sulla massima pendenza. E’ una caratteristica di questa regione, la Dobrugia, ventosa, selvatica, poco conosciuta anche dagli stessi rumeni.
Dopo una sosta alla fortezza romana di Capidava, passiamo il paese di Ghindaresti, dove quasi tutta la popolazione è formata da “lipoveni”, cioè discendenti di quei russi – quasi tutti pescatori del Don – che nel 1600 furono perseguitati perché seguivano la dottrina dei “Vecchi credenti”.
Il Danubio è sempre alla nostra sinistra. Greggi di pecore al pascolo ovunque, strani massi di granito come denti di gigante, case abbandonate dopo l’inondazione del 2006. Dopo Cerna pedaliamo ai piedi dei monti Macin, parco nazionale. Sono basse colline di granito consunte dal vento, la cui vegetazione ricorda la steppa; la cima più alta raggiunge solo 470 metri, ma sembra ugualmente una vera montagna. L’ufficio del parco si trova nel paese di Greci, dove pernottiamo: scopriamo così che proprio qui c’era stata nel 1800 – e fino al 1950 – una fiorente colonia di friulani, quasi tutti provenienti dalle valli Pordenonesi.
Il 21 luglio arriviamo a Tulcea, è il nostro ultimo giorno di pedalata: da qui in poi si prosegue solo per via d’acqua! Tulcea è una città di 100.000 abitanti, non è molto attraente ma è il centro principale del Delta del Danubio, da cui si dipartono tutti i servizi navali per le altre località. La sera, quasi increduli, pre-festeggiamo la fine del viaggio a pedali. Ma il viaggio non è ancora finito, mancano ancora gli ultimi 80 km fino al mare!!!
Il percorso in Bulgaria e in Romania:
Il percorso della ciclovia, con segnalazioni sporadiche, sta molto spesso ben lontano dal Danubio, che è circondato da paludi e boschi inaccessibili. E’ indispensabile avere un buon atlante ciclistico del percorso. Di solito le strade sono prive di traffico, a parte gli onnipresenti carretti trainati da asini o cavalli, ma quasi ogni giorno capita qualche tratto da condividere con automobili e camion. Il fondo stradale, disastrato e pieno di buchi e di insidie, richiede la massima attenzione.